Formatasi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, Sandra Bertocco è una
pittrice e calligrafa residente a Padova. I media da lei impiegati in ambito
artistico prevedono l’utilizzo di tecniche ad acqua, come l’acrilico,
la tempera e l’acquerello.
In un contesto contemporaneo che spinge ad allontanarsi in modo sempre
più marcato dalle tecniche tradizionali, Sandra oppone la sua scelta di
proseguire con tipologie artistiche imperniate sul modello:
pittura + tela.
Mantenendosi entro i confini tracciati dai grandi maestri del passato, riesce
così ad esprimere compiutamente la propria visione, che è intrisa di
riferimenti alle espressioni novecentesche, ma al tempo stesso profondamente
personale.
Il punto da cui partire è l’astrazione. Universo creativo a cui l’artista
approda dopo aver appreso i rudimenti del disegno all’Istituto d’Arte e,
in seguito, all’Accademia. Non si tratta dunque di un’improvvisazione, ma
di un lento apprendistato che le ha permesso di accostarsi all’astratto con
profonda convinzione e metodo.
I primi riferimenti storici possono collocarsi nelle visioni cromatico-spaziali di Kandinsky, a cui Sandra pare riferirsi, o nei meandri concettuali di Klee. Con i due mostri sacri dell’astratto novecentesco, la nostra pittrice condivide una grande accortezza nella stesura delle campiture cromatiche, ma soprattutto un approccio libero e poetico all’operare artistico. Le sue evoluzioni formali non seguono infatti schemi precostituiti e, diversamente dal grande pittore russo, non ambiscono a costruire una filosofia dell’arte. Si tratta piuttosto di una leggera e intensa meditazione interiore che scaturisce in strutture grafico-pittoriche essenziali ma estremamente pregnanti di significati interiori.
Raramente Sandra sceglie l’arma del “Senza titolo”, che le permetterebbe
di scaricare sull’osservatore ogni tipo di responsabilità. Preferisce invece
accompagnare le sue produzioni con titoli netti e chiarificatori. In alcuni
casi la titolazione segue un andamento puro-visibilista o, quantomeno,
descrittivo. È il caso di Blu o Un tuffo giallo. Immagini
in cui ciò che noi vediamo è esattamente ciò che l’artista ha descritto.
In altri casi i titoli sono più narrativi, per quanto strettamente fedeli a
ciò che il dipinto ci comunica, come Nuvole nere o Rannicchiato.
L’appiglio del testo, se a prima vista completa e appaga la nostra visione, ad
uno sguardo più attento e interiore rivela tutta la sua fragilità. Così
ripiombiamo presto nella medesima condizione in cui ci confina il “Senza titolo”,
ovvero obbligati a interpretare o, meglio, a vivere i dipinti.
Il titolo appagante diventa quindi un atto di umiltà, il modo pensato
da Sandra per non irrigidirsi nei vicoli del concettuale, per non deviare
l’attenzione dall’incanto dell’estetica.
Così facendo finisce, in modo del tutto inaspettato,
per aumentare il fascino e l’ambiguità dei suoi messaggi. Vediamo sì delle
nuvole nere in un dipinto o un tuffo giallo nell’altro, ma di
fatto ci troviamo di fronte ad immagini elaborate e capaci di assumere
significati di volta in volta differenti.
Il Tuffo giallo può essere inteso come un’opera molto complessa.
Metafora alta dell’operare artistico tout court, in cui l’artista seleziona
la sua materia e vi si immedesima al punto da sostituire ogni narrazione con il
semplice incontro tra un arancione e un blu, chiamati a rappresentare qualsiasi
associazione mentale ci venga in mente. Diventa così evidente come la grande libertà
creativa di Sandra possa trasferirsi in noi, interpreti creativi, primi spettatori
delle sue costruzioni cromatiche.
Chi guarda i suoi dipinti è quindi coinvolto in un gioco di riconoscimenti e
interpretazioni di volta in volta mutevoli, passando costantemente dal riconoscimento
di un appiglio figurativo (come potrebbe essere un paesaggio o un fiore) e il ritorno
alla visione astratta (composta dalla sovrapposizione di masse di colore).
Nelle composizioni di medio o grande formato, Sandra concepisce strutture compositive in cui è possibile smarrirsi. L’elaborato equilibrio che lega le diverse forme grafiche e cromatiche ci impone una pausa, un’interruzione nel nostro incedere quotidiano, per arrestarci di fronte alla serenità che le sue stesse opere emanano. In un’opera come Concerto, seppur non vi siano appigli figurativi, l’armonia degli elementi che compongono la tela fa sì che non si debba aggiungere altro. Seguendo lo sviluppo dei viola, dei rossi, dei blu e dei gialli, sulla superficie pittorica, sembra di rivivere l’afflato creativo che ha sostenuto Sandra nell’individuazione del tema e nella sua successiva lenta trascrizione estetica. Lo stesso approccio musicale è rintracciabile in Preludio, opera che attraverso uno schema di campiture cromatiche stese in diagonale costruisce l’atmosfera di attesa di una sinfonia o di un semplice brano musicale.
Il motivo di questo appagamento percettivo è sostenuto da un approccio etico al mestiere. La nostra artista infatti non simula, non concepisce forme “ruffiane” e, in ogni caso, dipinge solo ciò che la emoziona, del tutto indifferente a quante persone possano apprezzare il soggetto. Tale libertà è alla base del successo di pubblico che, una volta esposte, le sue stesse composizioni riscuotono.
L’equilibrio compositivo raggiunto, l’amore per i temi semplici, lo spirito musicale e lirico che informa il suo operare, sono gli ingredienti della sua ricetta estetica. Tre condizioni estremamente difficili da raggiungere per un artista, ma al tempo stesso capaci, una volta conquistate, di produrre immagini di sicuro impatto emotivo e di immediata gratificazione percettiva.
Menzione a parte merita l’imponente composizione intitolata Cicatrici. Si tratta di un’opera atipica nel corpus di immagini a cui ci ha abituato l’artista. Le tensioni cromatiche e l’astrazione lineare si affievoliscono per inglobare nel tessuto pittorico la figura umana. Volti, colti in diversi atteggiamenti, che si dipanano sulla superficie senza soluzione di continuità. Non vi è relazione tra i soggetti, dipinti in prossimità fisica ma distanti e apparentemente incapaci di comunicare. Ne deriva quindi una narrazione astratta, un complicato enigma indecifrabile e, ciò che ci appare come un dialogo, è in realtà un ensamble di voci fuori dal coro, di individui isolati che genera mistero e inquietudine.
Se i grandi formati sono opere imponenti che coinvolgono su più fronti l’osservatore,
nei piccoli formati Sandra riesce ad esprimere in modo più pregnante le sue capacità
stilistiche. In composizioni quadrate di appena venti centimetri, la forza della
narrazione e la grandiosità dell’esplosione cromatico-astratta, lascia spazio a
brevi texture, monumentali nonostante il piccolo formato. Sembrano tessuti,
pelli, dettagli di corpi vivi e pulsanti e il fascino che emanano queste
micro-composizioni è totale. Ci si arriva dopo aver visto le opere più complesse.
Una volta compresa l’attitudine etico-estetica di Sandra Bertocco, l’incontro con
queste “cartoline” astratte è esaltante. Ci si avvede infatti di come all’artista
non siano indispensabili i clamori o l’esuberanza di masse monumentali, le è
sufficiente una combinazione di pochi elementi in uno spazio contenuto
per lasciare il segno.
La conseguenza non può che essere l’esaltazione del suo stile che, come nel caso di Paul Klee, fa si che il semplice accostamento di tre linee e delle sfumature di due colori porti lo spettatore ad affermare con certezza di trovarsi di fronte a un’opera di Sandra Bertocco.
In questo modo l’artista esce dall’ambito stretto dell’Arte visiva, per lambire i confini di altre discipline artistiche come le Arti decorative, la tessitura, l’architettura. Le sue forme potrebbero infatti tradursi o essere tradotte in diversi ambiti della creatività, con sicuro impatto nel pubblico, senza per questo smarrire la personalità artistica di chi le ha prodotte.