Attraverso il Colore
Vito Vinci
Ogni mattina uscirò per le strade cercando i colori.
Cesare Pavese
E poi arrivò la Pandemia... Ci siamo lasciati con Sandra Bertocco a Bologna c/o lo Spazio del Dumbo in occasione del BooMING (importantissima collaterale di Artefiera 2020) per ritrovarci in un luogo intimo e di forte comunicazione, da Daniela Paluello a Padova. Attraversato luoghi, incertezze, emozioni ma in compagnia di Colori! Per Sandra la sua vita, per me l’ennesima scoperta. Il Colore come luogo da attraversare, un fiume un mare un deserto una montagna. Guadare navigare, restare accecati da un sole cocente, scalare arrampicarsi. Perdere le speranze? Smarrirsi perdutamente? Alzare sempre gli occhi al cielo....BLU. Rubens sosteneva che il BIANCO era veleno per i quadri e che andava usato solo per i dettagli luminosi.i Sandra ci inebria con i suoi Bianchi, nastri trasportatori di felicità interiore, nuvole che frammentano alla prima carezza del sole, tuorlo profumato, saliva incandescente. Flebili voci appena accompagnate da due accordi di chitarra. Le sue Sirene però preferiscono il GIALLO, e lei si tuffa con loro alla ricerca di un Eroe che perde l’ennesima battaglia. C’è ancora un attimo per riposare tra un VERDE che ti ricorda quel gioco da bambino in cui il riso e il pianto si scambiavano tenerezze audaci e la fretta, maledetta fretta, di diventare adulti. E stare lì per ore a raccogliere zolle e sporcarsi di terra infuocata dove il MARRONE è solo un punto di incontro. Tutta l’arte di Sandra è l’equilibrio tra tecnica stile armonia nel sublime tentativo del superamento del colore. Non nell’estremo gioco monocromatico ma nella combinazione dei contrasti e delle simmetrie sghembe, oblique o parallele. La Forma...è pura immaginazione. Pablo Picasso diceva che quando non aveva più il BLU usava il ROSSO. SANDRA gli risponde con la sua Pittura come David Forster Wallace faceva con la letteratura: “Ci sono intensità di BLU oltre ogni blu più limpido che si possa immaginare”.
Sandra Bertocco
Claudio A. Barzaghi
Vittima delle apparenze, nel senso che di primo acchito sarebbe facile definirla astrattista - poiché indubbiamente non è la figurazione il suo obiettivo -; tuttavia, di fatto, e in una realtà più profonda, la pittura di Sandra Bertocco è una figlia dell’informale, o ancor meglio dell’informe. Per giunta di un informe particolare, e cioè quello che, se ne abbia o non se ne abbia consapevolezza, trova la propria ragion d’essere nel gesto e, certo, anche nel colore, però in un colore dalle radici lontane, per l’esattezza quello che ha in Wolfgang Goethe, e nella sua alternativa teoria del colore, il vero padre nobile. In definitiva la Bertocco è un artista romantico, un pittore che si affida in modo esclusivo al proprio io e alla propria soggettività, e che da lì fa scaturire e scorrere l’opera in una dimensione che vive di una luce in stretta relazione con l’ombra. Naturalmente non l’ombra teatrale e/o caravaggesca, bensì l’ombra che condiziona la luce nel suo manifestarsi, e di conseguenza i colori che nascono da tale rapporto sono squillanti come vagiti, eppure moderati e sorvegliati dal nero e dalla presenza di un’oscurità.
Nel raccontarsi Sandra Bertocco fa riferimento alla musica, e sarebbe impossibile darle torto, e non solo perché se esiste una forma d’arte riferibile all’astrazione, questa è in assoluto proprio la musica, ma perché medesimo è lo sgorgare e il fluire nel percetto dello spettatore/osservatore. Infatti, sia la musica che la pittura di Sandra son fatte della materia di cui son fatti i sogni, ed entrambe non sono né descrittive né tantomeno mimetiche, così come entrambe non devono fornire giustificazioni al loro esistere.
Entrambe, non a caso, sono evocative (e in tal senso basterebbero alcuni titoli delle opere qui in mostra: Pellestrina, Sottobosco, Luogo, Corteccia, Una ferita aperta, Spigolo vivo), e quando si materializzano in forma visibile (sia essa tela o spartito) lo fanno grazie a un gesto carico di componenti sensorial esistenziali, il quale impegna però il corpo fisico.
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